110%
nuove opportunità per l'efficientamento energetico

L’ecobonus e sismabonus, o superbonus come lo si voglia chiamare, ha avuto una eco importante su tutti i media. Se n’è parlato molto e se ne sta parlando molto, e tutti ci auguriamo che si traduca presto anche in fatti concreti. Nella solita atavica confusione nazionale il nuovo decreto legge ha colto l’interesse di molti, sia dei possessori di immobili sia dei professionisti e delle imprese.

Premesso che si tratta di una occasione senza precedenti per poter intervenire in situazioni dove viceversa sarebbe “impossibile”, mi interessa porre l’accento solo su alcuni aspetti tecnici specifici della mia attività di progettista edile.

Tralascerò tutto quello che riguarda l’iter per l’ottenimento dei benefici fiscali perché di questo è possibile trovare linee guida, vademecum, chiarimenti, ecc. da parte di soggetti certificati e più competenti del sottoscritto: agenzia delle entrate, enea, anit, ordini professionali, associazioni degli amministratori, ecc.

Gli aspetti su cui vorrei brevemente soffermarmi sono:

- Il salto di 2 classi, la costruzione di un modello verosimile alla realtà

Tra le condizioni per usufruire del superbonus hanno molta importanza le verifiche cosiddette preliminari e tra queste è di grande importanza la verifica del salto di 2 classi energetiche. Questa verifica si fa elaborando con appositi software un modello dell’edificio che determini la classe energetica pre e post intervento. Si può elaborare un calcolo con i protocolli dell’attestazione di prestazione energetica convenzionale. La costruzione del modello deve essere rigorosa, ovvero deve avere come obbiettivo l’elaborazione di un modello conforme alla realtà dell’immobile. Si tratta di un lavoro impegnativo e che richiede attenzione. E’ molto importante poter disporre dei disegni originali dell’edificio (atti di fabbrica) e di informazioni sulle strutture in modo da tenere nella giusta considerazione l’incidenza dei ponti termici.

Spesso ci si trova nella condizione di lavorare con documentazioni approssimative e lacunose. Gli amministratori di immobili non di rado non dispongono di nulla e il reperimento degli atti di fabbrica presso i Comuni non è sempre facile, senza contare le ulteriori difficoltà indotte dall’emergenza Coronavirus.

E’ una situazione che contrasta con l’urgenza che viene spesso richiesta dal committente, che vorrebbe sapere subito se il suo immobile può accedere agli incentivi.

Il tecnico in questa situazione deve trovare un equilibrio, deve poter elaborare in ogni caso un modello rigoroso al fine di poter dire con approssimazione di certezza che l’intervento di efficientamento è fattibile, senza prendere scorciatoie pericolose. Mi spiego meglio: se il tecnico verifica il salto di classe ipotizzando l’applicazione su tutto l’edificio di un capotto da 14cm senza considerarne la reale fattibilità tecnica, potrà anche dire che “i conti tornano”, ma di fatto l’intervento sarà impossibile. Ho un po’ esagerato per essere maggiormente chiaro, ma questo tipo di scorciatoie esistono per davvero. Spesso chi elabora la verifica del salto di classe non è un tecnico edile. Le problematiche legate alla realizzazione dell’intervento sono patrimonio del progettista architettonico che ha esperienza di cantiere, ovvero che ha svolto e svolge attività di direzione lavori. Senza contare poi che gli interventi su edifici esistenti sono particolarmente complessi e mettono a dura prova anche i professionisti più esperti.

La cappottatura di un edificio non è mai una questione banale. Molti edifici del parco edilizio urbano sono degli anni ’60 e ’70 con strutture in c.a. talvolta a vista, con balconi privi di sottofondo, con tamponamenti con intercapedine d’aria, con rivestimenti in klinker o tessere mosaico, ecc.

E’ molto importante poter efficientare questi edifici, ma le soluzioni devono essere individuate caso per caso sulla base delle caratteristiche dell’immobile e tenendo in giusto conto anche i desiderata del committente. E’ molto probabile ad esempio che chi abita in una casa con rivestimento, di qualsivoglia tipo: ceramico, klinker, ecc., voglia efficientare l’involucro senza rinunciare al rivestimento.

Il ponte termico balcone

Rappresenta uno dei punti più dibattuti tra i tecnici. Un buon efficientamento non può prescindere dalla correzione dei ponti termici e quello più spinoso è costituito dai balconi. Idealmente il balcone dovrebbe essere disgiunto (separato) dalla struttura dell’edificio. Il tema era già noto fin dai tempi dei miei studi al Politecnico (in età giurassica). Gli edifici su cui interveniamo invece hanno sempre i balconi in calcestruzzo armato strutturalmente legati alle solette con ferri di armatura. Dal momento che non è possibile interrompere la trasmissione dell’energia occorre fare in modo che tutto il balcone venga rivestito da uno stato coibentante che riduca l’impatto del ponte termico entro limiti accettabili.

Prendiamo il caso di balconi con parapetto in ringhiera metallica. Qui sarà certamente possibile applicare uno strato coibentante a cappotto nell’intradosso (la parte sotto il balcone) e altrettanto, con i dovuti accorgimenti e tenendo conto del sistema di fissaggio delle ringhiere, sarà possibile risvoltare il coibentante sul fronte del balcone. Il problemi veri arrivano nell’estradosso (il pavimento) dove per ovvie ragioni non è possibile applicare il coibentante a cappotto, ma si deve mettere sotto il pavimento. Vi è quindi la necessità di demolire il pavimento e le soglie terminali taglia goccia e il sottofondo di pendenza, di applicare un isolante a bassissimo spessore </= 1cm, e di ricostruire il pavimento. Detto così verrebbe da dire: e che problema c’è? Anzi, demolendo si ha l’opportunità di rifare l’impermeabilizzazione che in molte situazioni si sarebbe dovuta in ogni caso rifare perché non più efficiente. E invece è tutt’altro che semplice. Non si può dare per scontata la presenza di un sottofondo sufficientemente spesso da consentire l’intervento. Alcuni balconi venivano fatti senza sottofondo e con getto strutturale in pendenza. La situazione va come sempre analizzata caso per caso. In base all’età dell’edificio e allo spessore dei balconi si possono fare delle ipotesi e c’è sempre la possibilità di fare ispezioni. Ma di fatto è sempre difficile avere dei dati certi o disporre di ispezioni preventive. La demolizione del pavimento del balcone è poi sempre mal accolta dai condomini in quanto intervento invasivo ovvero disturbante. I condomini vorrebbero un cantiere che non crei disagi, ovvero una cosa che non esiste. E’ possibile anzi è doveroso operare una rigorosa organizzazione del cantiere e delle lavorazioni per ridurre al minimo gli inevitabili disagi.

Il ponte termico della soglia passante

Tutti gli edifici che appartengono alle generazioni precedenti a quella in cui si sono costruiti e si costruiscono edifici energicamente efficienti hanno i davanzali passanti, notoriamente una lastra di materiale lapideo (rocce): fondamentalmente marmi e graniti. Si dice passante perché il serramento viene applicato in appoggio determinando una parte di davanzale esterna e una parte interna. In passato i serramenti venivano applicati alla muratura con la formazione di mazzette e il serramento si collocava più o meno a metà. Non parliamo di cosa viene fatto oggi perché il tema è come efficientare una condizione esistente come quella pocanzi descritta.

La soluzione più pratica e non invasiva consiste nell’applicazione di un copri davanzale coibentante. Il copri davanzale ha due funzioni: 1) allungare il davanzale che deve avere un profilo taglia goccia sporgente oltre la muratura (il cappotto); 2) correggere il ponte termico generato dal davanzale passante che trasmette energia termica dall’ambiente esterno a quello interno.

Lo strato coibentante verrà ad aderire al sottostante davanzale di fatto realizzando un taglio termico rispetto allo strato esterno del copri davanzale che può essere di alluminio o di gres. Vanno sempre tenuti in giusta considerazione tutti i dettagli. Spesso i serramenti hanno degli scarichi acqua e condensa nel traverso basso del telaio che potrebbero essere otturati con l’applicazione del copri davanzale.

In alternativa si può rimuovere o tagliare il davanzale ma è un intervento invasivo e complesso. Il principio è quello di interrompere il passaggio di energia termica frapponendo un giunto isolante tra soglia esterna e contro soglia interna.

Intervento sopra o sotto soglia di rilevanza?

L’intervento di efficientamento è anche l’occasione per fare un restyling dell’edificio. Pur non volendo, l’intervento comporta giocoforza delle modifiche estetiche. Faccio degli esempi:

se porte e finestre hanno delle cornici in marmo potrebbe essere necessario rimuoverle senza recupero e senza riproposizione perché incompatibili con il cappotto. Se c’è un rivestimento klinker non è detto che si debba per forza riproporlo sopra il cappotto in modo altrettanto estensivo di come era in originale. Tanti particolari vengono modificati: i davanzali di cui abbiamo parlato, ecc. Il maggior spessore delle murature dovuto all’aggiunta dello strato coibentante determinerà imbotti più profondi. Andranno modificati i parapetti dei balconi. Ci sono veramente tante cose che cambiano.

L’intervento deve sempre essere autorizzato con la presentazione di una pratica edilizia agli uffici competenti del Comune. L’intervento che impatta sull’estetica deve presentare anche una valutazione di “impatto paesaggistico” che tiene in conto la classe di sensibilità e il grado di incidenza del progetto.

Questi due fattori determinano la valutazione se l’intervento si colloca sotto soglia di rilevanza o sopra soglia. Nel secondo caso l’intervento per essere messo in opera deve ottenere il parere favorevole dell’ufficio competente, fermo restando che il Comune può sempre considerare sopra soglia un intervento presentato come sotto soglia. Non si può escludere mai che il Comune possa richiedere modifiche al progetto presentato in ordine ad aspetti estesici: materiali di rivestimento e colori.

- l’elaborazione di un computo metrico estimativo con prezzi "ufficiali"

Con il 110% viene richiesto al professionista di elaborare un computo metrico estimativo delle opere con costi unitari “certificati” da listini ufficiali. Ci sono svariati listini ufficiali pubblicati da soggetti pubblici e privati. Quelli che adopero personalmente sono il listino DEI (Tipografia del Genio Civile) e PiùPrezzi (Camera di Commercio Industria e Artigianato della provincia di Milano).

Non sempre i listini hanno tutte le voci occorrenti alla stesura del computo e non di rado si ricorre alla definizione di nuovi prezzi (sigla NP).

I nuovi prezzi si possono determinare:

1) dalla scomposizione di una voce opere compiute (OP) del listino ufficiale dalla quale si detrae il costo del puro materiale come da listino da sostituire, e si aggiunge il costo del nuovo materiale utilizzando il prezzo del listino ufficiale del produttore o il prezzo d'offerta documentato, a cui si aggiunge l'utile d'impresa e i costi generali d’impresa. Andrebbe anche considerato lo sconto del produttore che rappresenta una variabile da verificare caso per caso.

2) dall'analisi prezzi, ovvero attraverso lo studio analitico (qualitativo e quantitativo) che porta alla definizione di un nuovo prezzo unitario di una lavorazione, attraverso l’individuazione delle sue componenti elementari: 1. manodopera, 2. materiali, 3. noleggi, 4. spese generali (13-17%), 5. utile d’impresa (10%).

In casi particolari non ci sono elementi sufficienti per poter definire un costo sia con l’uso dei listini sia con una analisi prezzi . Faccio un esempio: l’intervento di efficientamento determina sempre la necessità di rimuovere le ringhiere dei balconi. Queste normalmente devono essere modificate e non esiste il professionista onnisciente che riesce a valutare l’onere di tali modifiche. Ci si può provare ma è evidente che un fabbro chiamato in causa fornirebbe una valutazione molto più corretta.

Definire i costi è sempre molto complesso. Le stesse imprese nella prassi di lavoro quando elaborano dei prezzi d’offerta integrano i prezzi dei listini con prezzi forniti dagli specialisti.

Nel caso dei rivestimenti i listini ufficiali forniscono costi per opere compiute che se analizzati lasciano perplessi. Come è possibile definire un prezzo unico di fornitura e posa per rivestimento in mattoncini con posa a cassero regolare, quando il livello di complessità del rivestimento è molto variabile caso per caso? L’analisi prezzi dovrebbe anzitutto considerare la suddivisione del materiale tra pezzi normali e pezzi speciali (angoli) e per la posa si dovrebbe tenere in giusta considerazione la complessità dell’intervento. Se l’edificio ha una forma regolare, se l’edificio ha una forma composita, se i balconi sono in aggetto, se ci sono molte logge, ecc.

Talvolta i listini ufficiali forniscono prezzi inattendibili. Mi è capitato di trovare prezzi per serramenti (fornitura e posa) che non hanno riscontri nella realtà.

I listini ufficiali forniscono indicazioni utili all’uso e talvolta mettono anche in guardia su alcuni aspetti importanti. Gli oneri di discarica sono spesso definiti come prezzi indicativi in quanto suscettibili di numerose variabili (i prezzi delle discariche sono sempre in divenire). Come si può tradurre in sintesi corretta di stima tutta questa complessità?

- la conformità urbanistico edilizia

Il legislatore ha posto fra altre condizioni anche la verifica della conformità urbanistico-edilizia. E’ corretto che un cittadino non abbia diritto a incentivi se ha commesso degli abusi esattamente come già accade. Anche in regime extra 110% non è possibile accedere a incentivi. Notoriamente poi le pratiche edilizie hanno sempre come condizione di partenza la verifica della regolarità dello stato di fatto.

Il tecnico può fare una verifica preventiva sulla conformità a partire dall’analisi dello stato autorizzato. Occorre sempre chiedere un accesso al Comune per avere copia ufficiale degli atti di fabbrica, dopodiché il professionista può verificare sul posto se l’edificio è conforme a quanto negli atti (è ammessa una tolleranza del 2% per discordanze tra progetto e costruito). Per quanto mi riguarda questa verifica deve produrre una breve relazione documentata anche con fotografie dello stato di fatto. Vanno evidenziate e documentate tutte le situazioni che risultassero difformi rispetto a quanto autorizzato (es. tipicamente: verande, chiusure/aperture di finestre, elementi di protezione, ecc.).

Segnalate tutte le difformità all’amministratore, questi deve recapitarne informativa ai condomini e richiedere se le difformità siano state eventualmente oggetto di condono o sanatoria.

Il ripristino della conformità urbanistico-edilizia presuppone la rimozione di tutte le difformità. Eventuali difformità sanabili si potranno valutare caso per caso.

In tutto questo, va ricordato che l'art.51 comma 3-quinquies del DL Agosto ha inserito all'art.119 il comma 13-ter, dal quale deriva che le dichiarazioni di conformità urbanistico-edilizia e gli accertamenti dello Sportello Unico per l'Edilizia dovranno riferirsi esclusivamente alle parti comuni degli edifici interessati dagli interventi (per gli interventi cd. trainanti).

In conclusione, quindi, se ci sono abusi edilizi in una singola unità immobiliare, questi:

non pregiudicano la fruizione del Superbonus sugli interventi trainanti per le parti comuni;

pregiudicano la fruizione sugli interventi trainati effettuati all'interno della stessa unità;

se coinvolgono le parti comuni sulle quali bisogna intervenire, pregiudicano la fruizione del Superbonus. (fare esempi: le ringhiere sono parti comuni?)

Il professionista non può mai avere accesso alle parti private salvo specifica autorizzazione del condomino. In ogni caso, salvo specifico incarico, il professionista non verifica le difformità private (es. tipicamente: diversa distribuzioni interne non denunciate, realizzazione di secondi bagni, ecc.). Di queste cose è sempre responsabile il condomino. In caso di accertamento qualora venga meno il diritto all’incentivo per difformità urbanistica di parti private (fruizione sugli interventi trainati effettuati all'interno della stessa unità) sarà sempre il condomino a pagare. Si ricorda che il cittadino dovrà rendere allo Stato per le parti che non erano ammesse, la propria quota parte di incentivo, oltre agli interessi e alle sanzioni.

Per intenderci, un condomino in situazione di difformità urbanistiche edilizie private non potrà usufruire di superbonus per cambiare serramenti e cassonetti, per modificare le ringhiere, ecc., ovvero per interventi trainati extra parti comuni. Eventuali fruizioni improprie degli incentivi saranno perseguibili anche a posteriori.

Escludere dalle verifiche del tecnico le parti private ha senso. Pensate cosa potrebbe essere una verifica su parti private di un edificio di cinquanta unità immobiliari che dalla prima edificazione degli anni ’60 ad oggi può aver subito numerosi passaggi di proprietà, con molteplici interventi, ecc. Cosa sarebbe solo l’accesso agli atti per verificare ogni singola unità immobiliare?

I condomini devono sempre essere edotti dall’amministratore in merito a quanto a previsto dalla legge e dei decreti attuativi rispetto alle proprie responsabilità, anche in materia di conformità urbanistico edilizia, che non vengono meno ne dalla presenza di un professionista incaricato di verificare la conformità delle parti comuni e degli esterni, ne dalla eventuale cessione del credito d’imposta a terzi.

Stante quanto sopra è bene fare chiarezza su cosa è parte comune e cosa è parte privata:

«Art. 1117. (Parti comuni dell’edificio). Sono oggetto di proprietà comune dei proprietari delle singole unità immobiliari dell’edificio, anche se aventi diritto a godimento periodico e se non risulta il contrario dal titolo: tutte le parti dell’edificio necessarie all’uso comune, come il suolo su cui sorge l’edificio, le fondazioni, i muri maestri, i pilastri e le travi portanti, i tetti e i lastrici solari, le scale, i portoni di ingresso, i vestiboli, gli anditi, i portici, i cortili e le facciate; le aree destinate a parcheggio nonché i locali per i servizi in comune, come la portineria, incluso l’alloggio del portiere, la lavanderia, gli stenditoi e i sottotetti destinati, per le caratteristiche strutturali e funzionali, all’uso comune; le opere, le installazioni, i manufatti di qualunque genere destinati all’uso comune, come gli ascensori, i pozzi, le cisterne, gli impianti idrici e fognari, i sistemi centralizzati di distribuzione e di trasmissione per il gas, per l’energia elettrica, per il riscaldamento ed il condizionamento dell’aria, per la ricezione radiotelevisiva e per l’accesso a qualunque altro genere di flusso informativo, anche da satellite o via cavo, e i relativi collegamenti fino al punto di diramazione ai locali di proprietà individuale dei singoli condomini, ovvero, in caso di impianti unitari, fino al punto di utenza, salvo quanto disposto dalle normative di settore in materia di reti pubbliche».

«Art. 1117-bis. (Ambito di applicabilità). Le disposizioni del presente capo si applicano, in quanto compatibili, in tutti i casi in cui più unità immobiliari o più edifici ovvero più condominii di unità immobiliari o di edifici abbiano parti comuni ai sensi dell’articolo 1117.

Sulla base di quanto sopra:

Le finestre possono ben costituire elementi sia di proprietà condominiale che individuale. I serramenti delle singole unità immobiliari non rientrano tra i beni comuni ex art. 1117 c.c., poiché di regola destinate a servire all'utilità esclusiva di un determinato alloggio dell'edificio, e dunque appartenenti al relativo proprietario.

Più controversa è la questione dei balconi (aggetti). Questi si trovano nella proprietà della singola unità immobiliare ma sono contemporaneamente parti che si inseriscono nel prospetto dell'edificio condominiale e contribuiscono a renderlo esteticamente gradevole. E’ fondato considerare il balcone un componente estetico della facciata, pertanto i rivestimenti e gli elementi decorativi della parte frontale e di quella inferiore dovrebbero considerarsi parti comuni. In conclusione? Rimane comunque una questione controversa, che non esclude possibili contenziosi.

- l’incarico professionale

In tema di ecobonus l’incarico è molto articolato e ci sono diverse fasi: verifiche e valutazioni preliminari, verifiche con attestazione da parte di figure tecniche accreditate, progettazione architettonica preliminare, definitiva e esecutiva, elaborazione di computo metrico estimativo preliminare e definitivo, elaborazione di capitolato d’appalto, assistenza al contratto d’appalto, direzione lavori, coordinamento sicurezza, Legge 10, eventuali verifiche acustiche, ecc.

Tutto questo comporta un approccio multidisciplinare, con diverse figure di specialisti.

Essendo rara la presenza di studi tecnici associati e di società di progettazione che annoverano tutte le figure professionali occorrenti, più spesso l’incarico prevede la collaborazione tra figure professionali autonome che hanno già una ossatura di collaborazione preesistente. In questo caso deve essere molto chiaro fin da subito chi fa cosa e risulta preferibile che ogni figura coinvolta abbia un proprio incarico con il committente, trattandosi di un rapporto fiduciario. Nell’incarico i contraenti (committente e professionista) devono essere indicati con tutti i dati e devono sempre sottoscrivere il documento contrattuale. Devono sempre essere circoscritti i termini dell’incarico, le modalità di espletamento, i costi, le modalità di pagamento, i tempi, la citazione della polizza assicurativa professionale.

- il contratto d’appalto

Sento ancora talvolta parlare di gara d’appalto, un termine che non c’entra nulla con le pratiche 110%. Stabiliti i costi dell’intervento la scelta deve concentrarsi su fattori quali: competenza, organizzazione e dimensione dell’impresa, affidabilità, disponibilità. Non tutte le imprese edili hanno una approfondita esperienza nel campo della ristrutturazione e dell’efficientamento energetico, che è invece molto importante. La tipologia d’intervento richiede figure specializzate. Chi realizza il cappotto ha competenze specifiche, i paramanisti che posano i listelli di rivestimento hanno competenze specifiche, ecc.

Molte imprese sono fatte da uno – due soggetti tecnico amministrativi e non hanno personale tecnico proprio per seguire il cantiere. Credo non sia sufficiente assoldare un capocantiere competente per gestire bene un cantiere. Il capocantiere deve essere persona molto capace ma al contempo deve porsi in stretto legame con l’impresa, perché rappresenta l’impresa. Il committente spesso confonde la direzione lavori in capo al professionista con la direzione di cantiere in capo all’impresa. La figura sempre presente (tutti i giorni) in cantiere è il capocantiere o direttore tecnico di cantiere che si occupa della organizzazione e sovraintende i lavori secondo le indicazione del DL. Il Direttore Lavori è presente solo quando serve, notoriamente quando occorre impartire disposizioni particolari, preliminarmente all’esecuzione di specifiche opere, nel corso dei lavori per controllare l’operato dell’impresa, ecc.

Il committente deve sempre valutare con la giusta attenzione la dimensione dell’impresa così come ricavabile dalla visura camerale della società.

Per quanto riguarda la stesura del contratto d’appalto è bene che il committente incarichi il professionista per sovraintenderne o supervisionarne la stesura. Il professionista è sempre una figura di garanzia per il committente e si rapporta in modo competente con l’impresa.